domenica, febbraio 29, 2004
Missione compiuta.
L’Uomo Invisibile ha colpito ancora!
Al suo carnevalesco tavolo campeggiano dodici cartoncini con il nome dell’occupante.
Sul suo cartellino troneggia la scritta “lo straniero”.
L’Uomo Invisibile si presenta immediatamente ai commensali e scopre che comunque, due minuti dopo, nessuno ricorda il suo nome.
Bene.
L’Uomo Invisibile gongola.
Nessuno se ne accorge.
Una quarta di reggiseno porta a spasso una ragazza che, per un attimo, scorge l’Uomo Invisibile e lo invita a ballare. Il supereroe prende tempo, la maggiorata si volta e inizia a ballare con Popeye.
Per un pelo… scampato pericolo.
Olivia si vendica di Popeye sparendo per un’oretta nei bagni in compagnia di un Brutus sudaticcio e plastificato.
La damigella dell’Uomo Invisibile, nel frattempo, è distrutta: lo aspetta da ore alla festa e non è ancora riuscita a scorgerlo.
Non manca invece di individuare all’istante un giovane di belle speranze, tale Tarzan, che, coperto da una strisciolina di pelliccia, si batte il petto al centro della sala.
Tarzan e la damigella si piacciono da subito. Dopo aver ballato un rock tarantolato si appartano e iniziano una fittissima conversazione a suon di “ghu”, “yahahahaaa” e “mmmhf”.
Nel frattempo “Sconsolata” e la sua cofana ci provano con l’Uomo Lupo che però le snobba, optando invece per una più avvenente Cat Woman.
Fra Galdino e Don Rodrigo tentano intanto di circuire Ronald Mac Donald glorificando le miracolose proprietà della cucina macrobiotica.
Mentre la Damigella e Tarzan si scambiano numeri di cellulare e umori corporali, l’Uomo Invisibile, stanco ma felice, si avvia verso mille nuove fantasmagoriche avventure.
L’Uomo Invisibile ha colpito ancora!
Al suo carnevalesco tavolo campeggiano dodici cartoncini con il nome dell’occupante.
Sul suo cartellino troneggia la scritta “lo straniero”.
L’Uomo Invisibile si presenta immediatamente ai commensali e scopre che comunque, due minuti dopo, nessuno ricorda il suo nome.
Bene.
L’Uomo Invisibile gongola.
Nessuno se ne accorge.
Una quarta di reggiseno porta a spasso una ragazza che, per un attimo, scorge l’Uomo Invisibile e lo invita a ballare. Il supereroe prende tempo, la maggiorata si volta e inizia a ballare con Popeye.
Per un pelo… scampato pericolo.
Olivia si vendica di Popeye sparendo per un’oretta nei bagni in compagnia di un Brutus sudaticcio e plastificato.
La damigella dell’Uomo Invisibile, nel frattempo, è distrutta: lo aspetta da ore alla festa e non è ancora riuscita a scorgerlo.
Non manca invece di individuare all’istante un giovane di belle speranze, tale Tarzan, che, coperto da una strisciolina di pelliccia, si batte il petto al centro della sala.
Tarzan e la damigella si piacciono da subito. Dopo aver ballato un rock tarantolato si appartano e iniziano una fittissima conversazione a suon di “ghu”, “yahahahaaa” e “mmmhf”.
Nel frattempo “Sconsolata” e la sua cofana ci provano con l’Uomo Lupo che però le snobba, optando invece per una più avvenente Cat Woman.
Fra Galdino e Don Rodrigo tentano intanto di circuire Ronald Mac Donald glorificando le miracolose proprietà della cucina macrobiotica.
Mentre la Damigella e Tarzan si scambiano numeri di cellulare e umori corporali, l’Uomo Invisibile, stanco ma felice, si avvia verso mille nuove fantasmagoriche avventure.
sabato, febbraio 28, 2004
Sabato grasso da queste parti.
Missione del giorno:
mi travesto da estraneo e mi imbuco in una festa dove non conosco nessuno.
Fattibile.
Credibile.
Invisibile.
Missione del giorno:
mi travesto da estraneo e mi imbuco in una festa dove non conosco nessuno.
Fattibile.
Credibile.
Invisibile.
mercoledì, febbraio 25, 2004
E’ tornato.
Il "custode" é tornato.
Questa volta non ha avuto molta fantasia. Il carnevale si avvicina, e il suo travestimento non mi è parso tra i più originali, ma di certo sempre molto efficace.
Sono quasi certo che ieri abbia letto il mio post.
Promettevo un cambiamento radicale di organizzazione. Si prospettava la fine di un’Era.
Titanici ritardi cancellati con un colpo di spugna. Scuse colorite e incredibili archiviate senza il minimo cenno di gratitudine. E soprattutto un posto di lavoro in meno: il suo.
Perché non posso credere che lavori gratis. Almeno un rimborso spese qualcuno dovrà pur versarglielo.
O forse è il suo modo di fare volontariato. Forse la sua missione è quella di seguirmi come un’ombra per ricordarmi che il tempo non è relativo, sono io relativamente poco disposto ad accettarne l’incedere ritmato.
In ogni caso, che lo faccia per danaro o per passione, ieri devo averlo sconvolto.
Fraps si organizza.
Fraps pianifica.
Fraps pragmatico.
Inaccettabile!
Oggi c’era.
Stacco alle diciotto.
Il gommista chiude alle diciannove.
Tragitto lavoro-gommista: 900 metri.
Tempo di percorrenza medio: 1 minuto e 43 secondi (con il ruotino).
Tempo di percorrenza odierno: 55 minuti.
In una bolgia infernale di ferraglia e asfalto, lo scorgo sorridente e giulivo mentre a bordo di un bobcat impartisce direttive a un manipolo di figuranti travestiti da operai.
Geniale!
Bloccare totalmente con colate di asfalto il traffico di Assago (il cui piano regolatore prevede soltanto uffici) tra le sedici e le venti.
Non ci avrei mai pensato.
Caro il mio “custode”, sei un maledetto GENIO.
Non c’è partita.
Hai vinto anche stavolta.
Il "custode" é tornato.
Questa volta non ha avuto molta fantasia. Il carnevale si avvicina, e il suo travestimento non mi è parso tra i più originali, ma di certo sempre molto efficace.
Sono quasi certo che ieri abbia letto il mio post.
Promettevo un cambiamento radicale di organizzazione. Si prospettava la fine di un’Era.
Titanici ritardi cancellati con un colpo di spugna. Scuse colorite e incredibili archiviate senza il minimo cenno di gratitudine. E soprattutto un posto di lavoro in meno: il suo.
Perché non posso credere che lavori gratis. Almeno un rimborso spese qualcuno dovrà pur versarglielo.
O forse è il suo modo di fare volontariato. Forse la sua missione è quella di seguirmi come un’ombra per ricordarmi che il tempo non è relativo, sono io relativamente poco disposto ad accettarne l’incedere ritmato.
In ogni caso, che lo faccia per danaro o per passione, ieri devo averlo sconvolto.
Fraps si organizza.
Fraps pianifica.
Fraps pragmatico.
Inaccettabile!
Oggi c’era.
Stacco alle diciotto.
Il gommista chiude alle diciannove.
Tragitto lavoro-gommista: 900 metri.
Tempo di percorrenza medio: 1 minuto e 43 secondi (con il ruotino).
Tempo di percorrenza odierno: 55 minuti.
In una bolgia infernale di ferraglia e asfalto, lo scorgo sorridente e giulivo mentre a bordo di un bobcat impartisce direttive a un manipolo di figuranti travestiti da operai.
Geniale!
Bloccare totalmente con colate di asfalto il traffico di Assago (il cui piano regolatore prevede soltanto uffici) tra le sedici e le venti.
Non ci avrei mai pensato.
Caro il mio “custode”, sei un maledetto GENIO.
Non c’è partita.
Hai vinto anche stavolta.
martedì, febbraio 24, 2004
Ho terminato le imprecazioni.
Ho smesso di inveire contro la sfiga.
Calma.
Ragioniamo.
Se la semplice foratura di un pneumatico é in grado di mandare a rotoli l'intera pianificazione delle due settimane successive forse c'è qualche falla anche nell'organizzazione.
Cambierò ruota e strategie.
Merda!
(Avevo ancora qualche colpo in canna)
Porco qui, porco lì..
(Ora mi sento meglio)
Vaff..
(Ahhhhh...)
Ho smesso di inveire contro la sfiga.
Calma.
Ragioniamo.
Se la semplice foratura di un pneumatico é in grado di mandare a rotoli l'intera pianificazione delle due settimane successive forse c'è qualche falla anche nell'organizzazione.
Cambierò ruota e strategie.
Merda!
(Avevo ancora qualche colpo in canna)
Porco qui, porco lì..
(Ora mi sento meglio)
Vaff..
(Ahhhhh...)
lunedì, febbraio 23, 2004
Mi affaccio alla finestra e mi ritraggo subito, deluso.
Come sempre.
Me ne rendo conto solo ora.
Cammino spesso per casa come un leone in gabbia e, puntualmente, mi ritrovo alla finestra, salvo poi voltarmi dopo pochi istanti: a testa bassa.
La verità è che non sono io dietro a quel maledetto vetro.
Non io, non adesso. Non a Milano.
Ogni volta che cerco qualcosa là fuori ho dieci anni.
Ho ancora il testone e le spalle strette, ho ancora i capelli lisci e la pettinatura da Nerd.
E ho ancora tanta voglia di vedere il lago. Di immaginare che domani correrò nei boschi, raccogliendo castagne (magari meglio in ottobre) e masticando quello strano arbusto che chiamavamo “panevino”.
Mentre mi avvicino spero ancora di guardare in alto e di intessere uno sconclusionato discorso (forse un effetto collaterale dell'arbusto) con la solita poiana svizzera (non si spiega, altrimenti, l’assoluta puntualità).
Mi rendo conto che in queste circostanze neanche il teletrasporto potrebbe essere utile.
Ma guardare Star Trek si. Almeno mi salvo da Elisa di Cozzapelosa.
Come sempre.
Me ne rendo conto solo ora.
Cammino spesso per casa come un leone in gabbia e, puntualmente, mi ritrovo alla finestra, salvo poi voltarmi dopo pochi istanti: a testa bassa.
La verità è che non sono io dietro a quel maledetto vetro.
Non io, non adesso. Non a Milano.
Ogni volta che cerco qualcosa là fuori ho dieci anni.
Ho ancora il testone e le spalle strette, ho ancora i capelli lisci e la pettinatura da Nerd.
E ho ancora tanta voglia di vedere il lago. Di immaginare che domani correrò nei boschi, raccogliendo castagne (magari meglio in ottobre) e masticando quello strano arbusto che chiamavamo “panevino”.
Mentre mi avvicino spero ancora di guardare in alto e di intessere uno sconclusionato discorso (forse un effetto collaterale dell'arbusto) con la solita poiana svizzera (non si spiega, altrimenti, l’assoluta puntualità).
Mi rendo conto che in queste circostanze neanche il teletrasporto potrebbe essere utile.
Ma guardare Star Trek si. Almeno mi salvo da Elisa di Cozzapelosa.
venerdì, febbraio 20, 2004
Giorni bifidi.
Oggi è una di quelle giornate in cui la “pioggia quasi ovunque” non mi sfiora.
Perché la pioggia è “quasi” ovunque, io, invece, sono ovunque.
Oggi è la giornata della memoria, ma non ricordo perché.
Oggi è la giornata che non c’era, ma adesso c’è.
Oggi è una di quelle giornate lì, dove nulla sembra avere un senso.
Oggi è una giornata sincera.
E io vado a cercare il senso; purché sia unico.
Oggi è una di quelle giornate in cui la “pioggia quasi ovunque” non mi sfiora.
Perché la pioggia è “quasi” ovunque, io, invece, sono ovunque.
Oggi è la giornata della memoria, ma non ricordo perché.
Oggi è la giornata che non c’era, ma adesso c’è.
Oggi è una di quelle giornate lì, dove nulla sembra avere un senso.
Oggi è una giornata sincera.
E io vado a cercare il senso; purché sia unico.
giovedì, febbraio 19, 2004
Parole Sante
"...Tutto questo dimostra l'odio TEOLOGICO della sinistra nei confronti del Presidente del Consiglio"
Andate in pace...
"...Tutto questo dimostra l'odio TEOLOGICO della sinistra nei confronti del Presidente del Consiglio"
Andate in pace...
mercoledì, febbraio 18, 2004
Ho paura dei tuoi “passo e chiudo”.
Non sopporto l’idea di interrompere le comunicazioni.
Vivo nella continua e infantile speranza che, comunque sia, prima o poi avremo la possibilità di ritagliarci un piccolo spazio per dirci ciò che pensiamo, sentiamo, sogniamo.
Io vivo solo per questi attimi.
Io vivo solo in questi brevi, totalizzanti attimi.
E allora riempio infiniti spazi di non-vita.
Banali intervalli nemmeno troppo pubblicitari che assolvono ad un solo insignificante scopo comunicativo: chiederti di attendere.
Di attendere l’attimo in cui la nostre anime si scambieranno abbracci e sorrisi, brividi e carezze. Come un tempo.
Siamo anche i nostri ricordi.
Non sopporto l’idea di interrompere le comunicazioni.
Vivo nella continua e infantile speranza che, comunque sia, prima o poi avremo la possibilità di ritagliarci un piccolo spazio per dirci ciò che pensiamo, sentiamo, sogniamo.
Io vivo solo per questi attimi.
Io vivo solo in questi brevi, totalizzanti attimi.
E allora riempio infiniti spazi di non-vita.
Banali intervalli nemmeno troppo pubblicitari che assolvono ad un solo insignificante scopo comunicativo: chiederti di attendere.
Di attendere l’attimo in cui la nostre anime si scambieranno abbracci e sorrisi, brividi e carezze. Come un tempo.
Siamo anche i nostri ricordi.
lunedì, febbraio 16, 2004
Finalmente è successo..
Ho vinto il mio primo torneo di Bridge.
Iniziavo a dubitare che sarebbe mai accaduto.
Il Bridge è un gioco di squadra e io, in questo periodo, mi sono trasformato in una sorta di eremita.
Mi accade sempre quando capisco di non avere più un equilibrio stabile, una casa nella quale tornare quando tutto intorno crolla.
Le persone che mi circondano lo avvertono. E' inevitabile. E io, in maniera più o meno cosciente, le allontano.
E' successo anche al mio abituale compagno di Bridge.
Io e Al siamo abituati a mirare in alto, ci sembra il modo migliore per allenarsi a vincere come a vivere.
Non sempre è importante raggiungere l'obiettivo, ma è importante sapere di aver dato il massimo.
E allora via, spavaldi, a mirare traguardi irraggiungibili solo per accorgerci che siamo lì, soltanto a un passo dalla vetta.
Gioire della sorpresa di scoprirci un po' più bravi del previsto. Gioire anche nella sconfitta.
Ma per gioire, si sa, bisogna sapersi amare. E io non sapevo più farlo.
Al non poteva non "sentirlo", e puntuale mi ha raggiunto il suo:
- Non giocherò più con te. Non ci divertiamo più.
Quel giorno abbiamo smesso di giocare e abbiamo iniziato a competere.
Abbiamo iniziato a scegliere compagni di squadra a caso, solo per il piacere di dimostrare all'altro di essere sempre all'altezza.
Un nuovo sguardo alla classifica:
io al primo posto, lui al terzo.
Classifica del torneo precedente:
Lui al primo posto, io al quinto.
Stiamo diventando piuttosto bravi, questo è evidente.
Ma vincere non era il mio obiettivo. Non in questo modo.
Il mio obiettivo è tornare a divertirmi, giocando con Al.
Ho vinto il mio primo torneo di Bridge.
Iniziavo a dubitare che sarebbe mai accaduto.
Il Bridge è un gioco di squadra e io, in questo periodo, mi sono trasformato in una sorta di eremita.
Mi accade sempre quando capisco di non avere più un equilibrio stabile, una casa nella quale tornare quando tutto intorno crolla.
Le persone che mi circondano lo avvertono. E' inevitabile. E io, in maniera più o meno cosciente, le allontano.
E' successo anche al mio abituale compagno di Bridge.
Io e Al siamo abituati a mirare in alto, ci sembra il modo migliore per allenarsi a vincere come a vivere.
Non sempre è importante raggiungere l'obiettivo, ma è importante sapere di aver dato il massimo.
E allora via, spavaldi, a mirare traguardi irraggiungibili solo per accorgerci che siamo lì, soltanto a un passo dalla vetta.
Gioire della sorpresa di scoprirci un po' più bravi del previsto. Gioire anche nella sconfitta.
Ma per gioire, si sa, bisogna sapersi amare. E io non sapevo più farlo.
Al non poteva non "sentirlo", e puntuale mi ha raggiunto il suo:
- Non giocherò più con te. Non ci divertiamo più.
Quel giorno abbiamo smesso di giocare e abbiamo iniziato a competere.
Abbiamo iniziato a scegliere compagni di squadra a caso, solo per il piacere di dimostrare all'altro di essere sempre all'altezza.
Un nuovo sguardo alla classifica:
io al primo posto, lui al terzo.
Classifica del torneo precedente:
Lui al primo posto, io al quinto.
Stiamo diventando piuttosto bravi, questo è evidente.
Ma vincere non era il mio obiettivo. Non in questo modo.
Il mio obiettivo è tornare a divertirmi, giocando con Al.
domenica, febbraio 15, 2004
venerdì, febbraio 13, 2004
Forse Fraps farà il venditore.
Ho già tentato facendo il telefonista, l'importatore di vini, il lavandaio, il capufficio, il programmatore, il project leader (project che?) e l'account.
Finora l'occupazione che ho trovato più stimolante è quella che alcuni si ostinano a definire ozio.
Ho avuto il pudore di non inserirla nella lista: gli amici non me lo avrebbero perdonato.
Diciamolo. Come venditore non mi sono mai sentito molto credibile.
Ma recentemente una mia ex-non-fidanzata mi ha aperto gli occhi: mi definisce una persona fondamentalmente meschina che si fa scudo di vuote parole e argomentazioni surrettizie per portare ogni confronto ad esaurirsi in uno snervante circolo vizioso.
Mi rileggo. Forse ha ragione.
E' meglio che mi decida a fare il venditore.
O il politicante.
Ho già tentato facendo il telefonista, l'importatore di vini, il lavandaio, il capufficio, il programmatore, il project leader (project che?) e l'account.
Finora l'occupazione che ho trovato più stimolante è quella che alcuni si ostinano a definire ozio.
Ho avuto il pudore di non inserirla nella lista: gli amici non me lo avrebbero perdonato.
Diciamolo. Come venditore non mi sono mai sentito molto credibile.
Ma recentemente una mia ex-non-fidanzata mi ha aperto gli occhi: mi definisce una persona fondamentalmente meschina che si fa scudo di vuote parole e argomentazioni surrettizie per portare ogni confronto ad esaurirsi in uno snervante circolo vizioso.
Mi rileggo. Forse ha ragione.
E' meglio che mi decida a fare il venditore.
O il politicante.
giovedì, febbraio 12, 2004
Ieri sera ho visto un pezzo di televendita su Raiuno. Ma si dai, quella del venditore "porta a porta".
Quello che in cambio del contratto con gli italiani ti regala tre televisioni e un set di pentole. Senza coperchi.
Beh, ieri sera l'ho visto, si. Senza audio.
Estasi pura.
Silvio, sei bellissimo.
L'ultima vera regina del muto.
Anche Vespa sembra più sexy.
Quello che in cambio del contratto con gli italiani ti regala tre televisioni e un set di pentole. Senza coperchi.
Beh, ieri sera l'ho visto, si. Senza audio.
Estasi pura.
Silvio, sei bellissimo.
L'ultima vera regina del muto.
Anche Vespa sembra più sexy.
mercoledì, febbraio 11, 2004
Ricevo la mail di Masciu e scopro che gli ho appena riattaccato il telefono in faccia.
Perdonami, non avevo idea...
Chiamava da Chicago...
Scopro che legge il mio blog.
Scopro di conseguenza a cosa servisse avere un blog.
Scopro che da qui posso colmare i Km che ci separano e le pacche sulle spalle che, fisicamente, non possiamo scambiarci.
Mi accorgo che è un amico.
Il migliore.
Come ogni mio amico.
L'amicizia non si presta a valutazioni e classifiche. Esiste.
Sorrido mentre leggo:
"La vita è una merda?!? .... qualcuno dice una scatola di cioccolatini, qualcun altro.... una scatola di peperoncini, nel senso che è quello che mangi oggi che ti farà bruciare il culo domani......"
Credo che mi metterò a dieta.
A proposito (ma anche no):
- Zio Masciu! Lo sapevi che qui Algida ha lanciato degli strani cioccolatini ripieni di peperoncino? Sul serio! Cioccolatini e peperoncino insieme! Una bomba! Pensa quanti ignari consumatori con il culetto arrossato domani!
Perdonami, non avevo idea...
Chiamava da Chicago...
Scopro che legge il mio blog.
Scopro di conseguenza a cosa servisse avere un blog.
Scopro che da qui posso colmare i Km che ci separano e le pacche sulle spalle che, fisicamente, non possiamo scambiarci.
Mi accorgo che è un amico.
Il migliore.
Come ogni mio amico.
L'amicizia non si presta a valutazioni e classifiche. Esiste.
Sorrido mentre leggo:
"La vita è una merda?!? .... qualcuno dice una scatola di cioccolatini, qualcun altro.... una scatola di peperoncini, nel senso che è quello che mangi oggi che ti farà bruciare il culo domani......"
Credo che mi metterò a dieta.
A proposito (ma anche no):
- Zio Masciu! Lo sapevi che qui Algida ha lanciato degli strani cioccolatini ripieni di peperoncino? Sul serio! Cioccolatini e peperoncino insieme! Una bomba! Pensa quanti ignari consumatori con il culetto arrossato domani!
martedì, febbraio 10, 2004
Sono stanco di vivere attorniato da parassiti di affetto.
Stanco di avere a che fare continuamente con gente che scambia la mia capacità di perdonare per stupidità.
Sono stanco di dare fiducia ai soliti familiari per scoprire, puntualmente, che il loro legame con te non va al di là del rapporto sanguisuga-mucca carolina.
Sono stanco di scontrarmi con i miei stupidi limiti. Di non essere in grado di gridare:
- Cavatevela da soli, cazzo! Trovatevi qualche altro masochista di affetto da sodomizzare con scaltra lucidità.
Sono stanco di non avere la forza di non ascoltare il loro disagio.
Sono stanco di essere sempre presente, nonostante tutto.
Sono stanco di lasciare che mi feriscano, come se per qualche strano caso dovessi sempre essere io il martire.
E questa volta, strano a dirsi, mio fratello non c’entra.
Almeno lui non si nasconde: mi palesa le sue debolezze in uno sguardo.
Almeno lui non si fa scudo di stupidi sorrisi di circostanza.
Almeno lui non cerca il compatimento, sempre e comunque.
Almeno lui non si arma di falsa condiscendenza per sverginarti il “di dietro” con astute mosse a sorpresa.
Perché lui è un poeta dell’armageddon , il più grande creatore di catastrofi che madre natura abbia mai partorito. E da lui puoi aspettarti di tutto, ma non l’ipocrisia.
Stanco di avere a che fare continuamente con gente che scambia la mia capacità di perdonare per stupidità.
Sono stanco di dare fiducia ai soliti familiari per scoprire, puntualmente, che il loro legame con te non va al di là del rapporto sanguisuga-mucca carolina.
Sono stanco di scontrarmi con i miei stupidi limiti. Di non essere in grado di gridare:
- Cavatevela da soli, cazzo! Trovatevi qualche altro masochista di affetto da sodomizzare con scaltra lucidità.
Sono stanco di non avere la forza di non ascoltare il loro disagio.
Sono stanco di essere sempre presente, nonostante tutto.
Sono stanco di lasciare che mi feriscano, come se per qualche strano caso dovessi sempre essere io il martire.
E questa volta, strano a dirsi, mio fratello non c’entra.
Almeno lui non si nasconde: mi palesa le sue debolezze in uno sguardo.
Almeno lui non si fa scudo di stupidi sorrisi di circostanza.
Almeno lui non cerca il compatimento, sempre e comunque.
Almeno lui non si arma di falsa condiscendenza per sverginarti il “di dietro” con astute mosse a sorpresa.
Perché lui è un poeta dell’armageddon , il più grande creatore di catastrofi che madre natura abbia mai partorito. E da lui puoi aspettarti di tutto, ma non l’ipocrisia.
lunedì, febbraio 09, 2004
Imparare a perdere
Anacronistico. In un mondo dove riconosco solo vincenti, gli altri sono oggetti di arredamento, punti di share in un programma insulso.
Superfluo. In un contesto in cui nessuno più considera l’eventualità di una sconfitta come un’occasione per giocare su altri campi.
Eppure è importante. Lo è per me.
Lo è per tutte le volte in cui prima di ricominciare da zero ho tracciato bilanci.
Per tutte le volte in cui ho capito che l’episodio non è che la scusa per rivedere scelte, priorità, equilibri.
Lo è fin da quella sfida a dama con mio padre (avevo sei anni) nella quale ero certo di aver capito tutto bene. Non è difficile capire il meccanismo. Il difficile è vincere, pensavo.
E infatti persi. Una volta, due, tre.
Implacabile, mio padre. Il “terminator” della scacchiera.
Ma io, ancora più testardo, tenevo duro. Dovevo vincere. Dovevo dimostrargli di essere all’altezza.
Continuammo così per ore, finché nella penombra del salotto, con un sorriso enigmatico pronunciò frasi più pesanti della scacchiera in marmo:
“Sei stato bravo. Hai imparato a giocare. Ora devi imparare a perdere. Rivincita?”
Quelle parole mi graffiarono come lame che solo chi ti ama davvero può estrarre dalla nuda roccia delle tue certezze.
Non ricordo di aver più giocato a dama con mio padre, ma di partite, su altri terreni, ne ho giocate e perse a centinaia.
Eppure ci sto ancora lavorando.
Ci sto provando.
Ne sono quasi certo:
imparerò anche a perdere.
Anacronistico. In un mondo dove riconosco solo vincenti, gli altri sono oggetti di arredamento, punti di share in un programma insulso.
Superfluo. In un contesto in cui nessuno più considera l’eventualità di una sconfitta come un’occasione per giocare su altri campi.
Eppure è importante. Lo è per me.
Lo è per tutte le volte in cui prima di ricominciare da zero ho tracciato bilanci.
Per tutte le volte in cui ho capito che l’episodio non è che la scusa per rivedere scelte, priorità, equilibri.
Lo è fin da quella sfida a dama con mio padre (avevo sei anni) nella quale ero certo di aver capito tutto bene. Non è difficile capire il meccanismo. Il difficile è vincere, pensavo.
E infatti persi. Una volta, due, tre.
Implacabile, mio padre. Il “terminator” della scacchiera.
Ma io, ancora più testardo, tenevo duro. Dovevo vincere. Dovevo dimostrargli di essere all’altezza.
Continuammo così per ore, finché nella penombra del salotto, con un sorriso enigmatico pronunciò frasi più pesanti della scacchiera in marmo:
“Sei stato bravo. Hai imparato a giocare. Ora devi imparare a perdere. Rivincita?”
Quelle parole mi graffiarono come lame che solo chi ti ama davvero può estrarre dalla nuda roccia delle tue certezze.
Non ricordo di aver più giocato a dama con mio padre, ma di partite, su altri terreni, ne ho giocate e perse a centinaia.
Eppure ci sto ancora lavorando.
Ci sto provando.
Ne sono quasi certo:
imparerò anche a perdere.
venerdì, febbraio 06, 2004
I post che ironizzano sulle "chiavi di ricerca" utilizzate per accedere ai blog si sprecano.
Da buon guardone, ho passato anni leggendo i siti altrui e le relative divertenti esternazioni.
Un giorno, colto da una crisi di onnipotenza, ho deciso di inaugurare il mio blog.
Come ogni "Blogger" che si rispetti, l'ho farcito con un contatore.
Scopro oggi che qualcuno mi ha trovato con queste parole chiave:
la mia ex non mi saluta.
Chiunque tu sia, vorrei esprimerti la mia solidarietà.
Da buon guardone, ho passato anni leggendo i siti altrui e le relative divertenti esternazioni.
Un giorno, colto da una crisi di onnipotenza, ho deciso di inaugurare il mio blog.
Come ogni "Blogger" che si rispetti, l'ho farcito con un contatore.
Scopro oggi che qualcuno mi ha trovato con queste parole chiave:
la mia ex non mi saluta.
Chiunque tu sia, vorrei esprimerti la mia solidarietà.
Ho sempre rifiutato di essere compreso. Essere compreso significa prostituirsi. Preferisco essere preso seriamente per quello che non sono, ignorato umanamente, con decenza e naturalezza.
Niente mi farebbe indignare più del fatto che in ufficio mi riconoscessero diverso. Voglio godere con me stesso l'ironia del fatto che non mi trovino diverso. Voglio questo cilicio: che mi credano uguale a loro. Voglio questa crocifissione: che non mi credano differente. Ci sono sacrifici più sottili di quelli che conosciamo sui santi e sugli eremiti. Ci sono supplizi dell'intelligenza come ce ne sono del corpo e della volontà. E in questi supplizi, come per altri, c'è una voluttà.
(da "Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares", F. Pessoa)
Niente mi farebbe indignare più del fatto che in ufficio mi riconoscessero diverso. Voglio godere con me stesso l'ironia del fatto che non mi trovino diverso. Voglio questo cilicio: che mi credano uguale a loro. Voglio questa crocifissione: che non mi credano differente. Ci sono sacrifici più sottili di quelli che conosciamo sui santi e sugli eremiti. Ci sono supplizi dell'intelligenza come ce ne sono del corpo e della volontà. E in questi supplizi, come per altri, c'è una voluttà.
(da "Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares", F. Pessoa)
mercoledì, febbraio 04, 2004
Il mio avvocato mi manda a dire di tenere duro.
Di non mollare. Ne usciremo insieme da tutti questi casini.
Finalmente qualcuno che si interessa al sottoscritto.
E poi gli devo ancora un sacco di soldi.
Anche il mio commercialista si associa.
Di non mollare. Ne usciremo insieme da tutti questi casini.
Finalmente qualcuno che si interessa al sottoscritto.
E poi gli devo ancora un sacco di soldi.
Anche il mio commercialista si associa.
martedì, febbraio 03, 2004
Se il mondo fosse dominato dagli avvocati mi sarei già estinto con sentenza definitiva.
Ma a chi importerebbe?
Ma a chi importerebbe?
lunedì, febbraio 02, 2004
Per natura o per abitudine mi diletto a sorridere di tutto ciò che mi circonda.
Cinico o (a)meno, scherzo anche delle cose più spaventose o raccapriccianti.
Persino della morte, addirittura del Cavaliere.
No, non é un tentativo di esorcizzarli, ma uno stile di vita.
Tuttavia una rilettura di quanto pubblicato ad oggi mi ha indotto, per un momento, a riflettere meglio:
1) Non ho mai nominato il "Grande Balengo".
2) Non ho mai parlato seriamente di Lui o del Suo oper(e)ato.
3) Non ho mai dato modo di intravedere che la Sua ingombrante presenza potesse recarmi alcun tipo di preoccupazione.
Ciononostante condivido "alla lettera" tutto ciò che Rillo ha coraggiosamente espresso in questo post su Berlusconi.
E ho paura. Tanta.
Cinico o (a)meno, scherzo anche delle cose più spaventose o raccapriccianti.
Persino della morte, addirittura del Cavaliere.
No, non é un tentativo di esorcizzarli, ma uno stile di vita.
Tuttavia una rilettura di quanto pubblicato ad oggi mi ha indotto, per un momento, a riflettere meglio:
1) Non ho mai nominato il "Grande Balengo".
2) Non ho mai parlato seriamente di Lui o del Suo oper(e)ato.
3) Non ho mai dato modo di intravedere che la Sua ingombrante presenza potesse recarmi alcun tipo di preoccupazione.
Ciononostante condivido "alla lettera" tutto ciò che Rillo ha coraggiosamente espresso in questo post su Berlusconi.
E ho paura. Tanta.