mercoledì, giugno 09, 2004
La rana Gianna non poteva sapere che qualcuno si sarebbe ricordato di lei.
Di certo una rana così stolta da finire tra le grinfie di un pescatore di rane non si aspetta di essere ricordata, seppur con una ventina d’anni di ritardo.
Probabilmente, quel giorno, pensò al commento più lusinghiero che avrebbe potuto ricevere, in questi termini:
- Mmmmhhh… Palmira! Il tuo risotto alle rane è speciale! Qual’è il segreto?
E il segreto in questione sarebbe stato la zampa destra della rana Gianna.
Gianna la rana, comunque, non era preoccupata per questo mentre Luigi, il vecchio pescatore, liberava il corpicino freddo della malcapitata dalle maglie del retino.
Tra le rane, si sa, le voci circolano, e nello stagno si gracidava che per cucinare un buon risotto le rane vanno spellate da vive.
Queste considerazioni raggiunsero la rana Gianna mentre si preparava a precipitare nel cesto zeppo di altre sue simili stoltamente anfibie.
Fu in quel momento che il rude pescatore si accorse della sua presenza: il bambino era lì con gli occhi sbarrati ad osservarlo da un tempo indefinito.
- Ciao piccolo!
- Ciao. Mi avevi promesso una rana.
- Io? Una rana? Cosa ci fai con una rana? Ripassa domani e forse..
- No. Adesso.
- Se ripassi domani ti insegno a pescarle.
- Io le rane non le pesco, le osservo.
- Domani avrai la tua rana.
- Lo hai detto anche ieri. E il giorno prima. Voglio la mia rana.
Il signor Luigi si sentì punto sul vivo, non aveva mai mentito a nessuno, non poteva certo iniziare con un bambino.
Mentre la rana Gianna si allungava penzolante nella sua mano sinistra, Luigi pescò un filo di cotone da una delle sue dodici tasche e lo legò intorno a una zampa dell’animale.
Il piccolo unì le mani a formare un giaciglio per la rana e se ne andò mormorando qualcosa a Gianna.
Per due giorni Gianna e il piccolo si studiarono, giungendo alla conclusione che le loro esigenze erano troppo diverse e che una rana non poteva stare troppo a lungo al guinzaglio, né usare i mezzi pubblici senza destare imbarazzo e preoccupazione.
Gianna non realizzò mai veramente cosa la salvò da morte certa e si accontentò di spiccare un balzo tecnicamente impeccabile per tornare nello stagno.
Luigi il pescatore non comprese mai del tutto cosa ci fosse di tanto speciale in una rana da risotto.
Il piccolo non capì mai quale divertimento ci fosse nel pescar rane, invece di osservarle.
E nessuno seppe mai il perché, ma il risotto della signora Palmira, quel giorno, risultò piuttosto insipido.
Di certo una rana così stolta da finire tra le grinfie di un pescatore di rane non si aspetta di essere ricordata, seppur con una ventina d’anni di ritardo.
Probabilmente, quel giorno, pensò al commento più lusinghiero che avrebbe potuto ricevere, in questi termini:
- Mmmmhhh… Palmira! Il tuo risotto alle rane è speciale! Qual’è il segreto?
E il segreto in questione sarebbe stato la zampa destra della rana Gianna.
Gianna la rana, comunque, non era preoccupata per questo mentre Luigi, il vecchio pescatore, liberava il corpicino freddo della malcapitata dalle maglie del retino.
Tra le rane, si sa, le voci circolano, e nello stagno si gracidava che per cucinare un buon risotto le rane vanno spellate da vive.
Queste considerazioni raggiunsero la rana Gianna mentre si preparava a precipitare nel cesto zeppo di altre sue simili stoltamente anfibie.
Fu in quel momento che il rude pescatore si accorse della sua presenza: il bambino era lì con gli occhi sbarrati ad osservarlo da un tempo indefinito.
- Ciao piccolo!
- Ciao. Mi avevi promesso una rana.
- Io? Una rana? Cosa ci fai con una rana? Ripassa domani e forse..
- No. Adesso.
- Se ripassi domani ti insegno a pescarle.
- Io le rane non le pesco, le osservo.
- Domani avrai la tua rana.
- Lo hai detto anche ieri. E il giorno prima. Voglio la mia rana.
Il signor Luigi si sentì punto sul vivo, non aveva mai mentito a nessuno, non poteva certo iniziare con un bambino.
Mentre la rana Gianna si allungava penzolante nella sua mano sinistra, Luigi pescò un filo di cotone da una delle sue dodici tasche e lo legò intorno a una zampa dell’animale.
Il piccolo unì le mani a formare un giaciglio per la rana e se ne andò mormorando qualcosa a Gianna.
Per due giorni Gianna e il piccolo si studiarono, giungendo alla conclusione che le loro esigenze erano troppo diverse e che una rana non poteva stare troppo a lungo al guinzaglio, né usare i mezzi pubblici senza destare imbarazzo e preoccupazione.
Gianna non realizzò mai veramente cosa la salvò da morte certa e si accontentò di spiccare un balzo tecnicamente impeccabile per tornare nello stagno.
Luigi il pescatore non comprese mai del tutto cosa ci fosse di tanto speciale in una rana da risotto.
Il piccolo non capì mai quale divertimento ci fosse nel pescar rane, invece di osservarle.
E nessuno seppe mai il perché, ma il risotto della signora Palmira, quel giorno, risultò piuttosto insipido.